Grazie Giacomo, tu rappresenti la Scuola in cui crediamo !

Sono giorni delicati per tutti, a maggior ragione per noi docenti che cerchiamo, con i mezzi che la tecnologia ci concede, di portare avanti la DAD (didattica a distanza) per non fare sentire soli i nostri ragazzi, per proseguire il programma, per tenerli allenati con l’algebra e la geometria…per dire a loro che anche a noi la scuola ci manca…”prof posso andare in bagno?” mentre spieghi il secondo teorema di Euclide…”ma proprio adesso?”…le risate, gli schiamazzi, “avete capito?”…tra i tanti gruppi che riguardano il concorso dei docenti trovo questa poesia, perché non è una lettera e mi limito a condividerla…la lettera di Giacomo mi commuove…poi è lui stesso che mi scrive su Messenger e mi ringrazia per averla divulgata…allora mi si stringe il cuore una seconda volta…sono io che ringrazio lui per le sue belle, sincere e toccanti parole…ne abbiamo bisogno noi docenti che soffriamo questo momento come i ragazzi…ci manca la scuola “reale”… allora chiedo a Giacomo (16 anni) perché l’ha scritta…

“Ho sentito il dovere di scriverla perché per me la scuola è una seconda casa.
Hanno giocato tanti fattori. La solitudine. La malinconia.
I miei nonni vivono a Milano, molto lontano da me; il mio pensiero va spesso a loro. Non è facile.
Poi ho letto gente scrivere che per noi ragazzi questa è una vacanza, che noi siamo contenti, che è più facile. Ma non è così. Come si fa a vivere spensierati davanti a centinaia di vite che se ne vanno? Ho sentito il dovere di scrivere alla scuola per raccontare tutto ciò, per un attimo ho immaginato di averla davanti. Scrivendo ho scoperto di averla dentro.
Ci sono legato, è un rapporto “alla Catullo”, odi et amo. Odio e amore. Ma come ho detto nella diretta di oggi, scuola non è solamente il prof che fa la lezione e gli alunni che ascoltano. È molto, molto di più. E tutto questo io non lo voglio perdere, tutto questo mi manca….”

La lettera di Giacomo alla Scuola

Cara scuola,
ecco cosa mi manca di te
Sono Giacomo Bertó, ho 16 anni e frequento la terza liceo classico a Trento. In questi giorni di intontimento generale ho scritto una lettera come un innamorato alla sua amata: ho scritto una lettera alla scuola. Eccola.
Cara scuola, come stai? Spero meglio di come sto io. Di come stiamo noi. In molti si dimenticano di chiederlo, di interessarsi a cosa provano gli studenti. Quasi avessimo deciso noi di separarci da te, dalla normalità quotidiana. Invece, mai come ora che non ti abbiamo più, ti rivogliamo indietro. Ti rimpiangiamo. Troppo tardi? Spero di no. Ma quando ci rivedremo? Aprile? Maggio? Settembre? Cara scuola, sapessi come ti hanno rimpiazzata! La chiamano “didattica a distanza”. Al posto del professore uno schermo, una voce. Parlano e noi, connessione permettendo, ascoltiamo. Ma la testa gira, va via, come i giga e il collegamento. La lavagna non c’è più. Non c’è il mio vicino di banco. Tutto è tanto, troppo lontano. Riprovi a concentrarti, fissi lo schermo, cerchi un sorriso nella webcam. “L’apprendimento non può essere solo la somma di una quantità di nozioni, messe in fila; deve essere condivisione, coinvolgimento.” Lo dicono tutti. Ma come si fa così? E se non capiamo? Dove sono finite le alzate di mano? Gli sguardi dei prof, quelli dei miei compagni, il suono della campanella? Dov’è la mia bidella preferita? Le relazioni che fine hanno fatto? Cara scuola, prima ci lamentavamo delle troppe ore passate tra le tue mura, ora iniziamo quasi a sognarle. Ne capiamo il valore. Era questo che dovevamo imparare signor Virus? Ok, ora basta però C’è anche chi si fa problemi per la valutazione… il “programma”. Ma non era scomparso il “programma”? Non erano le competenze a contare ora? Quante ne dobbiamo tirare fuori, in questa tragedia? Chi pensa invece ad arginare il nostro smarrimento, la nostra paura? I numeri servono, ma tu, cara Scuola, tu sei molto più! Sei centro di aggregazione, luogo d’incontro di anime ribelli dai volti brufolosi, dove ognuno scopre il suo piccolo spazio. Sei una palestra dove le nostre teste crescono, si confrontano, dove ci si innamora, si sogna,si cresce. Non sei un edificio chiuso. Sei un mare di opportunità rubate. Siamo noi o sei tu scuola che devi adattarti a questa situazione? Per fortuna qualcuno ha capito che questo inarrestabile susseguirsi di drastici avvenimenti ha lasciato spaesati anche i ragazzi e le ragazze, i bambini e le bambine. Che anche noi stiamo perdendo amici e parenti, che anche noi non siamo felici di questi giorni, che sembrano tutti uguali. E no, non sono vacanze, mi piacerebbe fosse chiaro questo! Cara scuola, ci manchi… Mi manchi! Non ci siamo nemmeno salutati. Quest’anno niente lacrime degli studenti di terza media al suono dell’ ultima campanella: io ne avevo versate così tante con la mia mitica 3D! Rimarrà un vuoto dentro, mancherà l’urlo di liberazione allo scadere dell’ultima ora, gli abbracci con i prof preferiti, con i compagni, gli arrivederci e la consapevolezza che dopo tante fatiche verrà l’estate, avrà i nostri occhi… E ora invece, cosa verrà? Cara Scuola, non ci dimenticare. Prenditi, come sempre, cura di noi.

(Giacomo Bertò)

GRAZIE GIACOMO, GRAZIE A TUTTI GLI STUDENTI ! CI VEDIAMO A SCUOLA DOMANI ANCORA PIU’ DESIDEROSI DI IMPARARE, VOI DA NOI E NOI DA VOI…

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